La spongata: storia di un dono

 

Un “pane di accoglienza”

Le sue immagini non rimbalzano in tivù attorno a Natale, tra una pubblicità di pandoro e un jingle sui panettoni. Non perché sia meno buona, ma perché la semplicità fa parte della sua natura.

La spongata nasce infatti nella quiete dei monasteri benedettini, in un tempo antichissimo.

Parliamo addirittura dell’epoca di Carlo Magno, che decretò durante il Concilio di Francoforte, nel 794, che un “pain d’hostelage” pane di accoglienza– venisse offerto ai pellegrini e agli ospiti dei monasteri.

Ben presto ogni monastero cominciò a produrre questo dolce, che durante il periodo natalizio veniva regalato dai monaci a chiunque passasse per una visita o per elemosinare un po’ di cibo.

Su di essa venivano impressi simboli religiosi con particolari stampi in legno.

E la spongata divenne per i monaci anche una sorta di simpatico “premio”, regalato a chi avesse portato in tempo la quota dell’affitto. Ve n’è la testimonianza nel Codice di Bobbio del 1194, che recita: “dando illi qui fictum portaverit unam spongatam”.

Dando a colui che porta l’affitto una spongata.

 

Spugna marina o pane sacro?

Ma cosa significa il nome “spongata”, e da dove deriva?

Si è sempre ritenuto che fosse un derivato del latino “sponga”, ossia “spugna marina”.

Ma l’autrice e studiosa di gastronomie locali Laura Zilocchi obbietta: “eppure la spongata non ha nulla di spugnoso, anzi”.

Questa curiosità e voglia di indagare più ha fondo l’ha portata a scandagliare per ben cinque anni archivi civili e monastici, con il difficile obbiettivo di ricostruire una storia così secolare e sfuggente come quella della spongata.

Ha trovato la risposta nel Glossarium Mediae et Infimae, dove il Vescovo Isidoro Hispalensis fa una importante annotazione. Se al pane sacro, la sfungia, viene aggiunta acqua questo lieviterà e prenderà allora il nome di spongae.

La spongata è quindi un pane quasi sacro con un ripieno arginato da due sfungie, due sponde che vengono poi impastate col vino e offerte nel giorno della nascita di Cristo.

 

Un dono di pace

Ma torniamo alla storia della nostra spongata, che dal Monastero di Bobbio risale pian piano la Via Francigena, di convento in convento.

Lentamente, sotto forma di dono, il suo gusto e la sua ricetta si diffondono per tutta l’Italia Settentrionale.

In epoca rinascimentale arrivò ad arricchire le tavole nobiliari, tanto che nel 1454 fu inviata in dono al duca Francesco Sforza di Milano, e l’anno dopo agli Este di Ferrara.

Nel 1622 la spongata fece la sua apparizione anche tra le pagine di un poema. Si tratta della “Secchia Rapita” di Alessandro Tassoni, che descrive il tentativo di riappacificazione tra Bolognesi e Modenesi.

Il legato di Bologna torna da Modena, dove era andato per trattare la pace, con cinquanta prelibate spongate di Brescello dono dei modenesi.

Brescello ha sempre continuato a produrre spongate: anche quando il suo convento scomparve la ricetta restò in vita, custodita gelosamente tra le famiglie.

La spongata cominciò poi ad essere prodotta industrialmente. La fabbrica più famosa è tutt’oggi quella fondata da Luigi Benelli, attiva fin dal 1845.

 

Ed oggi… una tradizione che continua

La spongata diventa così ciò che conosciamo oggi, un dolce natalizio che contiene tutti i sapori dell’inverno.

Noci, miele, mandorle, pinoli, marmellata… e po’ di zucchero a velo per imbiancarla, che ricorda una spolverata di neve appena caduta.

Oltre che nelle fabbriche la spongata viene ancora prodotta in famiglia, nei nostri territori, rispettando quei lunghi e precisi tempi che la caratterizzano.

Antico pane di benvenuto, regalo di monaci e cibo di nobili, offerta di pace: questo dolce è stato passato di mano in mano per secoli, sotto forma di dono, ed ogni passaggio ha aggiunto una pagina alla sua lunghissima storia.

 Ed ora che la conosciamo, sarà ancora più bello continuare questa tradizione regalando una spongata per Natale a chi ci sta più a cuore.

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