La pizza light and slow, da Bologna all’Expo

Matteo Aloe, chef del Berberè, ci racconta come nasce la loro pizza “trasparente” e di qualità, fino all’avventura con Alce Nero all’Expo 2015 Non solo Mc Donald e Coca Cola, anche le nostre realtà locali avranno lo spazio che meritano ad Expo 2015. Dal 1 maggio al 30 ottobre, infatti, nel Padiglione gestito da Bologna Fiere del Biologico e del Naturale, all’interno del Parco della Biodiversità, Alce Nero – leader del biologico in Italia – e Berberè – piccola catena di ristoranti tra Bologna e Firenze – daranno vita ad un punto di ristorazione e ad un ciclo di eventi, lezioni e incontri per diffondere la cultura del biologico.

Abbiamo chiesto a Matteo Aloe, giovane chef del Berberè, com’è nato questo progetto:

Siamo nati 4 anni fa con un’idea fissa: il biologico. Quindi la partnership con Alce Nero si è sviluppata in modo naturale, fino alla gestione di un ristorante a Bologna e al progetto futuro di trasformare ogni Berberè in 100% bio. Sempre con Alce Nero si è presentata questa occasione di Expo…

Sembri ancora stupito…

Sì, è vero. Pensandoci in mezzo alle grandi multinazionali come Coca Cola o Unilever. Però è anche giusto, essendo Expo in Italia, avendo come tema il cibo e il futuro del cibo pensiamo sia importante dire la nostra: presentando il nostro modello di ristorazione artigianale e parlando di biologico e biodiversità, che non sono una moda, come può sembrare. Purtroppo a livello mondiale questo interesse riguarda solo una nicchia di consumatori, e ci teniamo, nel nostro piccolo, a diffondere questa cultura.

Infatti nel mondo la pizza è sinonimo di fast food, junk food: come vi è venuta l’idea di una pizza light and slow?

Perché non sapevamo dove andare a mangiare la pizza buona. Ed è vero che avendo poco tempo per mangiare, si associa il pasto veloce, economico, alla schifezza. Ma non è necessariamente così. Anche un panino, o un caffè possono essere fatti con criteri di qualità. Noi abbiamo fatto una ricerca sulla pizza, e offriamo un prodotto buono, accessibile, prodotto secondo criteri artigianali, servito in un ambiente carino, con ottimi ingredienti, per esempio noi utilizziamo la prima mozzarella di bufala certificata prodotta in Campania, e siamo fieri di portarla ad Expo insieme ai produttori.

Parlando di materie prime, noi di Food Emilia andiamo pazzi per il nostro territorio: come si sposa la pizza biologica con la cultura eno-gastronomica dell’Emilia Romagna

Benissimo. Tutta l’Italia è un patrimonio in questo senso, ogni Regione ha le sue bio-diversità che la rendono unica. Per esempio in Emilia Romagna i salumi sono fantastici e si sposano perfettamente con la nostra idea di pizza. Ma stiamo facendo anche delle ricerche su un particolare grano, il gentil rosso, molto diffuso in Romagna, speriamo di ottenere presto una farina fatta al 100% con questo grano.

Un’ultima domanda su di voi: così giovani e già con le idee così chiare, come avete capito la vostra strada?

Non l’abbiamo capita. E’ tutto molto complicato. Io per esempio sono molto giovane e ho sempre lavorato nel periodo della crisi, non riesco a immaginarmi un mondo semplice. Il nostro obiettivo è fare le cose per bene, e soprattutto onestamente. Vogliamo costruire un’azienda sana sotto tutti i punti di vista. Ci piace essere trasparenti: tutti i fruitori sono consapevoli e esigenti, e noi ci teniamo a comunicare onestamente quello che facciamo. Magari sbagliamo, ma è l’unico modo che conosciamo per fare le cose.

Nico Biagianti

 

 

 

 

 

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